Apple è talmente indietro nel campo IA, che probabilmente farebbe meglio a lasciare da parte Siri.
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Anche l’app NBA mostra ora i risultati in diretta nella schermata di blocco e sull’Isola dinamica degli iPhone.
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L’app NBA mostra le Attività in tempo reale con l’ultimo update
Su App Store sono disponibili le prime app che supportano le Attività in tempo reale sulla schermata di blocco e sull’Isola dinamica.
Link all’articolo originale: Ecco le prime app che supportano le Attività in tempo reale su iOS 16.1
Ecco le prime app che supportano le Attività in tempo reale su iOS 16.1
Un test ha messo a confronto la velocità di ricarica dell’iPhone 14 Pro con vari caricatori.
Link all’articolo originale: iPhone 14 Pro, quanto tempo ci vuole per una ricarica completa?
iPhone 14 Pro, quanto tempo ci vuole per una ricarica completa?
Prime foto spia per una Porsche 911 GT3 con posteriore modificato. Potrebbe trattarsi anche di un nuovo pacchetto aerodinamico
Porsche 911 GT3, è già tempo di restyling?
Come nostro solito, pubblichiamo oggi la lista delle migliori offerte del Play Store per app e giochi in sconto o gratuiti da installare sul proprio smartphone o tablet, ricordandovi che in caso non siate soddisfatti potete sempre farvi rimborsare (qui trovate la nostra guida).
Oggi a risaltare tra le proposte abbiamo Neoteria, Gunslugs 3, Heroes of Loot 2, Groundskeeper 2, INC:The Beginning, ma anche molto altro. Continuate a leggere per scoprirle tutte.
Ecco la lista delle nuove offerte, se volete approfittarne affrettatevi perché alcuni di questi sconti durano solo pochi giorni!
Qui invece vi proponiamo alcune app ancora in sconto, in caso ve le siate perse.
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Tempo di offerte sul Play Store: ecco app e giochi gratuiti o scontati
AGI – Il 41% degli italiani è pronto a ridurre il tempo trascorso online. Un’esigenza più pronunciata rispetto alla media globale (33%). Eppure aumentano la domanda di connettività, di contenuti tv e streaming e la curiosità nei confronti dei nuovi servizi digitali: il 47% degli intervistati vorrebbe sperimentare nuove soluzioni e il 30% è interessato a esperienze immersive come il metaverso.
È il ritratto degli italiani che emerge dall’EY Decoding the digital home study, ricerca condotta su 2.500 famiglie in Italia e più di 20.000 a livello globale: “Il tempo trascorso online si sta stabilizzando se non addirittura riducendo, a fronte di un aumento degli standard qualitativi richiesti dagli utenti in termini di servizi e contenuti”, commenta Irene Pipola, Italy TMT Leader di EY.
La tradizionale attenzione al portafogli degli italiani si sta consolidando in questi mesi di incertezza. Il 63% (tre punti percentuali in più dello scorso anno) teme un aumento dei prezzi degli abbonamenti mensili ai servizi di connettività e il 44% delle famiglie teme di pagare troppo per contenuti che non guarda.
Per sei italiani su dieci, il prezzo è il fattore primario nella scelta di un servizio in streaming. Seguono la specificità del contenuto (41%) e l’ampiezza dell’offerta (38%). Il 54% ritiene che le piattaforme on demand abbiano un buon rapporto qualità-prezzo. Visti gli aumenti, Netflix e compagnia dovranno quindi aumentare la qualità: “È destinata ad acquisire importanza in quanto driver di scelta”, spiega Pipola.
In attesa di questa maturazione qualitativa, a oggi il prezzo resta l’elemento chiave. E per battere la concorrenza, il trend è chiaro: si applicano sconti e si accorpano i servizi in pacchetti. La propensione all’acquisto dei cosiddetti bundle sta crescendo in Italia a un ritmo più sostenuto rispetto al 2021 (87% contro il 74%).
L’attenzione alla convenienza è una costante (il 53% delle famiglie è interessato agli sconti) ma stanno cambiando le esigenze: circa la metà degli intervistati sarebbe interessata ad acquistare, assieme alla rete fissa, servizi tv o servizi di sicurezza online e tutela della privacy. La telefonia mobile comincia ad essere percepita come un valido sostituto della rete domestica dal 39% dei consumatori. Anche i prodotti per la smart home stanno assumendo rilevanza: c’è almeno un assistente digitale in una casa su quattro.
Ancora oggi molte famiglie faticano però a comprendere il contenuto delle offerte e le differenze tra i servizi proposti dagli operatori. Sorprende che questo fenomeno riguardi soprattutto i più giovani, con il 35% degli utenti tra i 18 e i 24 anni che ritiene le offerte dei servizi di telecomunicazione difficili da comprendere. Una conferma della mancanza di chiarezza arriva anche dall’analisi delle offerte per i nuovi clienti: uno su due reputa difficile comprendere quale sia il pacchetto migliore. Per chiarire i dubbi, quasi la metà degli italiani preferisce ancora visitare i punti vendita per acquistare un servizio di rete fissa o un dispositivo mobile. Una necessità di contatto che continua anche nel post-vendita, con il call center preferito a siti e chatbot.
La confusione si traduce anche in scarsa fedeltà: circa un quarto dei clienti prevede di cambiare il proprio fornitore di servizi (per internet fisso, linea mobile o servizi video streaming e pay tv) nei prossimi 12 mesi.
Anche EY conferma quanto la pandemia abbia rappresentato “un importante acceleratore del processo di digitalizzazione delle famiglie italiane”. Restano però alcune preoccupazioni, in primo luogo per quanto riguarda la privacy. Il 63% degli italiani afferma di essere estremamente prudente nel condividere informazioni personali online.
Gli utenti si dicono preoccupati anche per l’intreccio tra tecnologie e benessere: uno su tre pensa spesso all’impatto negativo di internet sul proprio benessere psicofisico, percentuale che sale al 41% tra i giovani di età compresa tra i 18 e i 24 anni. Emergono forti preoccupazioni per i contenuti illeciti: il 61% delle famiglie ritiene che i governi e le autorità di regolamentazione non stiano facendo abbastanza per contrastare la diffusione di contenuti dannosi online.
La platea digitale italiana si dimostra (almeno in potenza) attenta alla sostenibilità: il 38% delle famiglie è disposto a pagare di più per prodotti sostenibili, ma il 43% degli intervistati ritiene che gli operatori non stiano facendo abbastanza per l’ambiente.
AGI – È passato già un po’ di tempo da quando le grandi piattaforme si sono convinte che il social commerce fosse il futuro. Facebook, Instagram e TikTok sembrano però andare più lentamente del previsto: il matrimonio tra e-commerce e social network si sta rivelando meno spontaneo di quanto sperato.
L’ultimo ad andarci cauto è stato TikTok. La sperimentazione di Shop, una funzionalità che permette di acquistare cliccando su un’icona direttamente nei video o nelle dirette, non avrebbe centrato gli obiettivi che si era prefissata in Gran Bretagna, il primo mercato testato fuori dall’Asia, dove Shop procede spedito.
Secondo il Financial Times, l’inciampo britannico avrebbe convinto la società a rimandare il lancio in Germania, Francia, Spagna e Italia, previsto per il primo semestre 2022. Fonti interne all’azienda riferiscono all’Agi di non aver “messo in pausa o ritardato il lancio di TikTok Shop in altri mercati europei”.
Confermano che si è “discusso in astratto o come obiettivi di lungo termine” di una futura espansione internazionale di TikTok Shop, ma “non ci sono mai stati piani concreti per il lancio in Europa nel primo semestre di quest’anno”.
“Al momento – fa sapere un portavoce della compagnia – la nostra attenzione per TikTok Shop è rivolta al Sud-Est asiatico e al Regno Unito. Siamo sempre guidati dalla domanda e stiamo valutando diverse opzioni per migliorare l’esperienza della nostra community”. In altre parole: TikTok preferisce consolidare e capire cosa va (e cosa non va) prima di espandersi, ma non sta mollando il social commerce.
Il piatto è ricco. Secondo dati raccolti da Statista, il giro d’affari del social commerce sarà di 958 miliardi di dollari nel 2022 e sfiorerà i 3.400 miliardi nel 2028. Una crescita notevole, davanti alla quale tutte le grandi piattaforme stanno cercando di prendere posizione.
L’apripista è stata Pinterest, che ha introdotto alcuni “Pin” acquistabili già nel 2015. La sua platea, però, non è paragonabile con quella dei giganti. Tra il 2020 e il 2021, su Facebook e Instagram sono arrivati gli Shop (cioè spazi commerciali delle aziende) e soluzioni come Instagram Shopping, per acquistare prodotti visti nei post e nelle storie.
TikTok ha accelerato lo scorso 28 settembre, parlando di un “all-in” sull’e-commerce. Lo ha fatto da un palcoscenico non banale, quello del primo evento globale del social, e presentando un pacchetto di soluzioni (TikTok Shopping, in parte già attivo) che includeva Shop.
Tutti hanno una cosa in comune: l’esperienza di acquisto inizia e si esaurisce sulla stessa piattaforma. Vedo qualcosa che mi piace in diretta, in un post o in un video, ci clicco su, compro. I creator ci guadagnano perché pagati dalle aziende per promuovere i prodotti, i marchi hanno un nuovo canale di vendita e le piattaforme incassano una tariffa. Sembra l’incastro perfetto. Eppure, si procede al rallentatore rispetto alle iperboliche premesse.
Se il FT racconta il caso di TikTok, a maggio il Wall Street Journal ha parlato delle difficoltà di Meta. A due anni dal lancio, la divisione e-commerce sarebbe ancora un cantiere. Alcuni rivenditori avrebbero ottenuto buoni risultati, ma molti sarebbero stati “frustrati” da alcuni limiti tecnici, a tal punto da abbandonare il progetto.
Il social commerce non è solo un settore promettente: è una delle soluzioni che le grandi piattaforme hanno individuato per avere una sostenibilità futura. Oggi tutte campano di pubblicità e hanno quindi bisogno di diversificare, cercando di produrre fatturato altrove: servizi, hardware, abbonamenti.
C’è poi una questione di saturazione, che è già evidente in piattaforme più anziane come Facebook. È fisiologico che la crescita della platea rallenti. L’attenzione slitta allora dal numero degli utenti attivi alla loro monetizzazione: serve che ogni singolo iscritto frutti più soldi possibile.
Oltre ad incassare in modo nuovo (attraverso le tariffe sulle vendite), il social commerce ha anche un altro pregio: protegge la pubblicità, oggi esposta alle normative sulla privacy e alle scelte dei grandi sviluppatori di browser e sistemi operativi: le restrizioni introdotte da Apple sull’ultimo iOS, ad esempio, hanno limitato l’abilità di Meta di generare pubblicità mirata.
Portare dalla visualizzazione all’acquisto in pochi clic, senza mai lasciare il social, permette di smarcarsi da decisioni esterne e di misurare in modo più immediato l’efficacia di una campagna. In sostanza, Instagram, Facebook e TikTok possono dire agli inserzionisti, con certezza, quante vendite sono direttamente legate agli investimenti in pubblicità, incoraggiando così nuova spesa. In una parola: il social commerce vorrebbe dire indipendenza.
Secondo il Social Commerce Report 2022 di Latana, le potenzialità ci sono tutte. Il 65% degli intervistati ha acquistato o acquisterebbe qualcosa su Facebook, il 40% su Instagram, il 18% su TikTok e Pinterest. Le preferenze cambiano con l’età. La generazione Z sceglie Instagram (69%) e TikTok (42%). I millennial preferiscono Facebook (79%) e Instagram (53%). I dati sono relativi al Regno Unito, Paese molto maturo dal punto di vista digitale. Le percentuali sarebbero più contenute in Italia e quasi ovunque in Europa, ma rappresentano comunque un’indicazione.
I tre fattori che spingono all’acquisto social sono le recensioni degli utenti (per il 44% degli intervistati), la segnalazione di un prodotto d’interesse (cioè una pubblicità mirata, 42%) e la presenza di sconti esclusivi (40%). Per i millennial conta molto la facilità di utilizzo (43%). La generazione Z è attenta ai consigli di un influencer (25% contro una media del 12%).
I freni principali all’acquisto sono invece le recensioni negative, la mancanza di fiducia nei confronti del brand e le precedenti esperienze negative. Un terzo degli intervistati indica anche un tema di privacy: non si sente a suo agio nel condividere informazioni.
Il successo del social commerce dipende quindi da fattori che vanno ben oltre l’efficacia di una soluzione. Per vedere in diretta-cliccare-comprare, offerte, annunci mirati e un’esperienza d’acquisto fluida sono fondamentali ma non sono tutto. Il pubblico deve fidarsi (molto) della piattaforma social, dell’azienda e di chi la promuove. Pare che per raggiungere questi obiettivi sia necessario più tempo del previsto. Per una semplice ragione: il social commerce non è una somma aritmetica ma qualcosa di nuovo. Miscelare due cose che da sole funzionano bene non è garanzia di successo immediato.
L’e-commerce in diretta è il futuro dei social (ma serve tempo)
Molte app potrebbero presto essere eliminate automaticamente dall’App Store.
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Instagram ha apportato una modifica all’opzione dei limiti di utilizzo.
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Scopriamo Uniter, app molto utile per la conversione delle unità di misura.
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Oggi vediamo un test sui tempi di avvio del nuovo iPhone 13 Pro a confronto con i precedenti modelli.
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il giudice Yvonne Gonzalez Rogers ha confermato le scadenze che Apple dovrà rispettare per le modifiche su App Store.
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AGI – Un milione di nuovi abbonamenti al giorno: è il ritmo al quale sta viaggiando il 5G. Alla fine del 2021, le sottoscrizioni saranno 580 milioni. Lo prevede la ventesima edizione dell’Ericsson Mobility Report. Si conferma quindi l’aspettativa che il 5G diventi la generazione mobile adottata con più rapidità nella storia. Dovrebbe impiegare due anni in meno del 4G LTE per raggiungere il primo miliardo di abbonamenti. Arriverebbe a 3,5 miliardi (il 40% del totale) e una copertura del 60% della popolazione mondiale entro il 2026.
Alla fine del primo trimestre 2021, le sottoscrizioni al 5G erano 290 milioni, con un guadagno netto di 70 nuovi abbonamenti tra gennaio e marzo. L’accelerazione attesa è dovuta soprattutto alla spinta della Cina e alla crescente disponibilità di dispositivi commerciali: i modelli già lanciati o annunciati con connettività 5G sono infatti più di 300. Malgrado l’ostacolo Covid-19, è proseguito il lancio di servizi di quinta generazione: oggi coinvolte oltre 160 gli operatori.
Secondo il rapporto, il trend dovrebbe proseguire nei prossimi anni, anche se con un ritmo disomogeneo nelle diverse aree del pianeta. “L’Europa è partita più lentamente e paga un ritardo”, afferma lo studio. In Europa Occidentale il 4G rappresenta ancora la tecnologia dominante, che costituisce il 78% di tutti gli abbonamenti. Più di 60 operatori hanno lanciato servizi 5G, ma le aste per l’assegnazione delle frequenze hanno subito ritardi che stanno rallentando lo sviluppo del 5G. Si stima che la penetrazione di abbonamenti 5G raggiungerà il 69% entro la fine del 2026.
Viaggiano a un’altra velocità Paesi come Cina, Stati Uniti, Corea, Giappone e mercati del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar).Il Nord Est Asiatico dovrebbe avere la quota maggiore di abbonamenti al 5G entro il 2026, con 1,4 miliardi di sottoscrizioni. Mentre i mercati del Nord America e del Golfo dovrebbero distinguersi per la più alta penetrazione: saranno 5G l’84% e il 73% degli abbonamenti mobili.
Ericsson ha censito, in totale, 8 miliardi di sottoscrizioni mobile. Sono destinati a diventare 8,8 miliardi (nove su dieci a banda larga) entro il 2026. Gli utenti unici in possesso di un abbonamento diventeranno 6,5 miliardi.
L’evoluzione dei dispositivi (con gli smartphone in prima fila) e la diffusione di 4G e 5G spinge la moltiplicazione del traffico dati: a livello globale ha superato i 49 exabyte al mese (cioè 49 miliardo di gigabyte) alla fine del 2020. Nel primo trimestre 2021, è aumentato del 46% rispetto allo stesso periodo del 2020. Dovrebbe quintuplicarsi nei prossimi cinque anni, raggiungendo i 237 exabyte al mese.
L’impennata non è dovuta solo al numero di abbonamenti ma anche alle abitudini degli utenti, che si concentrano su contenuti più dispendiosi: due terzi del consumo di traffico su reti mobili è infatti rappresentato da video. Una quota destinata ad ampliarsi: dovrebbe raggiungere il 77% nel 2026.
E così, se oggi ogni il consumo medio di ogni utente è di 10 GB al mese, tra cinque anni dovrebbe più che triplicarsi, a 35 GB.
Il ritmo del 5G: un milione di abbonamenti al giorno. Ma l’Europa è fuori tempo
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